Spese di R&S con deducibilità per i “ritrovati d’avanguardia”

A riprova delle tesi  da noi sempre sostenute con i nostri clienti il Sole 24 ore di oggi pubblica sentenza esemplare della CTP di Aosta.

Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore.

Non è necessario che si tratti di un progetto innovativo per l’intera economia.
Per i giudici «irrilevanti» le circolari che rinviano ai manuali di Oslo e Frascati

Giulia Pulerà e Stefano Sereni

Le spese di ricerca e sviluppo che consentivano di beneficiare del credito di imposta non devono riguardare un’innovazione per l’intera umanità, essendo sufficiente anche un ritrovato di avanguardia rispetto a tecnologie già note o già introdotte nel settore di appartenenza.

Ad affermarlo è la commissione tributaria provinciale di Aosta con la sentenza nr. 12/2022 depositata il 25 febbraio 2022 (Pres. e Rel. V. Azzoni).

La vicenda trae origine dalla notifica a una società di un atto di recupero del credito di imposta per ricerca e sviluppo. La questione riguardava l’asserita mancanza del requisito di novità delle ricerche svolte. Secondo la tesi dell’Agenzia, infatti, deve trattarsi di una innovazione in termini assoluti, ossia per la generalità dei fruitori e non solo per la contribuente.

Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario eccependo, in estrema sintesi, l’errata applicazione della norma.

L’Ufficio si difendeva evidenziando che in base a plurimi documenti di prassi, il riferimento per l’individuazione delle spese accessibili al beneficio era il manuale di Frascati. Il collegio, accogliendo integralmente il ricorso della società, ha innanzitutto rilevato che il tenore normativo, interpretato anche da documenti di prassi dell’epoca, non richiede che il progetto sia significativo per tutta l’umanità.

Fino al 2018, infatti, anche la circolare del Mise, individuava nel manuale di Oslo lo strumento tecnico di riferimento per le spese agevolabili. Secondo tali documenti, rientravano nel beneficio anche ritrovati di avanguardia rispetto alle tecnologie già note e già introdotte nel settore di appartenenza, escludendo pertanto la necessità di un progetto innovativo per l’intera economia.

In tale contesto, il giudice ha comunque evidenziato che a prescindere dalle considerazioni dell’Ufficio, ciò che può rilevare sono solo gli atti aventi forza di legge e non il resto. Laddove il legislatore avesse voluto porre specifiche eccezioni o requisiti, proprio per il carattere eccezionale di simili norme, le avrebbe inserite anche nel rispetto del principio di trasparenza previsto dallo statuto del contribuente (articolo 2 della legge 212/2000). In ogni caso, inoltre, secondo la Ctp, il personale dell’agenzia delle Entrate non ha certo la capacità tecnica di affrontare il nodo della novità delle ricerche per la mancanza di conoscenze specifiche. Infine, la decisione ha affrontato la contestata deducibilità dei compensi amministratori: secondo l’Ufficio, infatti, il relativo costo non rientrava nel beneficio del credito di imposta perché si trattava di un ruolo di carattere generale e non specifico delle ricerche effettuate.

Anche in questo caso, il collegio ha attribuito rilevanza al testo normativo (articolo 3 co. 6 lettera a) e a bis) Dl 145/2013) in base al quale rientravano gli oneri del personale titolare di un rapporto di lavoro autonomo o comunque diverso dal lavoro subordinato. Peraltro, a tali conclusioni era giunta anche l’Agenzia con propri documenti di prassi (circolare 5/2016 e 13/2017).

La decisione è particolarmente interessante poiché applica la norma secondo il suo tenore testuale, a prescindere cioè dalle diverse interpretazioni intervenute nelle more. Ne consegue quindi, secondo i principi affermati dalla Ctp di Aosta, l’irrilevanza delle circolari che rinviano ai manuali di Oslo o di Frascati, atteso che occorre verificare solo i requisiti previsti dal legislatore. La norma non richiedeva il requisito della novità assoluta, con la conseguenza che risultavano agevolabili anche le spese di ricerca e sviluppo innovative per il contribuente.